Stefano Piano e Mario Piantelli
Gemme di saggezza dell'India

 


 

PASSI SCELTI

  

La letteratura sapienziale rappresenta spesso l’anima delle culture antiche: dall’Egitto alla Grecia, dalla Bibbia ai testi cinesi, le pagine della storia umana traboccano di massime che hanno di volta in volta codificato per le generazioni future il succo delle più signifi­cative esperienze in cui ogni popolo si riconosceva.

La massa della produzione indiana in questo settore è immensa e probabilmente ineguagliata. Vi sono innumerevoli collezioni di “bei detti” (subhâshita), informate alle più diverse esigenze, dalla scelta esemplificativa delle sva­riate figure retoriche agli ammaestramenti relativi ai quattro fini della vita umana (purushârtha): soddi­sfa­cimento del desiderio, acquisizione di ricchezza, potere e successo, pratica della condotta meritoria e ricerca della liberazione dal ciclo delle rinascite.

Gli studi di Ludwik Sternbach, che hanno comportato l’analisi comparata di centinaia di antologie redatte in sanscrito e in altre lingue asiatiche, documentano la straordinaria ricchezza dell’orizzonte di questa letteratura.

Anche in età moderna e contemporanea, la preoccupazione soteriologica dell’uno o dell’altro maestro ha indotto a formare nuove sillogi: per esempio, la raccolta personale di passi sanscriti compilata dal guru Om Prakâsh e pubblicata dai suoi discepoli col titolo Prakâsha Patha “Il sentiero della luce” (Dvârakâ, 1982). Non mancano scelte di citazioni tratte dagli scritti di un unico personaggio, come Gandhi, il famoso Râmakrishna o il suo seguace Paramânanda, le cui opere in lingua inglese hanno portato alla compilazione del Book of Daily Thoughts and Prayers (Mylapore, Ânanda-âshrama, 1926). Su questa linea, in Europa, lo svizzero Jean Herbert ha curato, in lingua francese, diverse antologie, come quelle dedicate a Shivânanda - egli stesso appassionato cultore della tradizione sapienziale del suo paese.

Il libriccino che qui si presenta al lettore nasce dal suggerimento di un amico, che i curatori hanno recepito con entusiasmo. Per un indologo, lavorando su testi di diverse epoche, ispirati a più visioni mistiche e speculative, è pressoché impossibile resistere alla tentazione di formarsi una raccolta di espressioni incisive o specialmente perspicue in cui di volta in volta egli si è imbattuto. Non è stata dunque necessaria una ricerca particolare per reperire il materiale di questa silloge.

Il desiderio che ci ha guidati è quello di fornire al lettore curioso di cose indiane l’occasione di un approccio il più possibile vario, sia dal punto di vista cronologico, sia da quello dottrinale, alle voci più alte e pure della spiritualità plurimillenaria dell’India.

Abbiamo privilegiato le frasi e i passi meno culturalmente condizionati e più facilmente fruibili dal lettore italiano, cercando, per quanto possibile, l’espressione icastica e la brevità carica di significato (abilissimo in quest’arte fu Vivekânanda, che il lettore troverà spesso presente in queste pagine).

Il taglio caratteristico dell’esperienza mistica indiana, tanto spesso giocata sulla presenza del Divino nell’intimo di ciascuno e sull’identificazione, in senso forte, del meditante con l’Assoluto, potrà sconcertare chi vi si accosti senza familiarità con i vertiginosi abissi del Vedânta.

Questo è desiderabile.

Le tranquille certezze in cui tendiamo ad adagiarci, senza renderci conto della sostanziale relatività di tanta parte del nostro bagaglio culturale, possono venir messe in crisi dal radicale cambiamento di prospettive che le parole di un altro universo spesso comportano. è come se ci specchiassimo nella superficie di un magico lago himalayano, capace di rimandarci non un’immagine banale di noi stessi, ma il ritratto di quello che saremmo potuti essere e non siamo stati mai.

A seconda delle nostre inclinazioni e della nostra umiltà, potremo ricavare da una tale lezione un invito a cambiare, a riscoprire qualcosa che tutto sommato ci apparteneva, ma è stato messo troppo a lungo nel cassetto, o a tentar di percorrere nuovi sentieri per arrivare là dove “le parole si volgono via senza giungervi e così pure il pensiero” (yato vâcho nivartante aprâpya manasâ sahâ: Taittirîya-upanishad II,4,1 e II,9,1).


 

La non-violenza è in verità
la corona del mondo;
la non-violenza è la legge suprema.
Come nell’impronta d’elefante
sono incluse le altre orme
di coloro che percorrono un sentiero,
così il senso di ogni legge
è compreso nella non-violenza.


Agni-purâna

 

* * *

 

Se non si potesse attingere la Verità
se non in un qualche momento futuro,
a prezzo di un certo sforzo,
se fosse uno stato nuovo,
qualcosa che occorre acquisire,
non varrebbe la pena
di mettersi alla sua ricerca.


Ramana Maharshi

 

* * *

 

Se la mente è consapevole
della transitorietà,
non si rattrista della ghirlanda che appassisce:
ma se la mente ritiene permanenti le cose,
si rattrista anche per un coccio rotto.


Sârasamuccaya

 

* * *

 

La realtà non è una ricompensa per aver agito bene,
né un premio per aver superato certe prove.
Non può esser prodotta.
è ciò che è primario, non nato,
la fonte antica di tutto ciò che c’è.
Tu sei qualificato a essere quello,
perché ci sei!
Non hai bisogno di meritar la realtà.
è tua.
Smetti semplicemente di scappar via da essa
correndo dietro a qualcosa.


Nisargadatta

 

* * *

 

A chi non è noto, è noto;
colui al quale è noto, non sa.


Kena-upanishad

 

* * *

 

Il mondo intero è assoggettato a gioia e dolore;
di volta in volta si è uniti e separati.
Coloro che vengono a portare al rogo
i cadaveri amati dei loro cari
e che si siedono presso di essi
spariranno a loro volta dal mondo
per l’esaurirsi del loro karman,
quando sia giunto il termine stabilito.


Mahâbhârata

 

* * *

 

Fuggita la giovinezza, dov’è il gioco d’amore?
Disseccatasi l’acqua, dov’è il lago?
Dilapidata la ricchezza, dove sono i parassiti?
Conosciuta la Realtà, dov’è il mondo?


Mohamudgara

 

* * *

 

Seminate un’azione,
raccoglierete un’abitudine.
Seminate un’abitudine,
raccoglierete un carattere.
Seminate un carattere,
raccoglierete un destino.


Shivânanda

 

* * *

 

Non chi riceve è beato,
ma chi dà.


Vivekânanda

 

* * *

 

Chi sono?
Come e a causa di chi sono venuto?
Chi è mia madre e chi mio padre?
Ecco che cos’è questo mondo:
tutto questo non è che un sogno!


Shivadâsa

 

* * *

 

La rinunzia non è qualcosa di negativo:
si rinunzia solo all’infelicità.


Yogânanda

 

* * *

 

Solo la lampada della verità
è la luce dei saggi.


Tirukkural

 

* * *

 

Lo stolto non ottiene il Brahman,
poiché desidera diventarlo;
il saggio soltanto,
anche senza desiderarlo,
partecipa della vera natura del Brahman supremo.


Ashtâvakra-samhitâ

 

* * *

 

Come l’alba rosata annuncia il sorger del sole,
una sete ardente di Dio
precede nel nostro cuore
la sua visione gloriosa.


Râmakrishna

 

* * *

 

Non credere d’esser diventato un saggio
e di aver capito tutto.
Sarebbe un grave errore.
Si tratta di bere un oceano
e tu non ne hai ancora bevuta una goccia.


Shivânanda

 

* * *

 

Nessun uomo,
per illuminato e santo che sia,
può veramente salvarsi
finché anche tutti gli altri
non si siano salvati.


Sarvepalli Radhakrishnan

 

* * *

 

Che cosa è buono e che cosa cattivo,
e in che misura,
nel mondo irreale della dualità?
Tutto ciò che è pronunciato dalla bocca
o concepito dalla mente è falso.


Uddhava-gîtâ

 

* * *

 

Son solo quelli che sprecano il tempo
che si lamentano del tempo che passa.
Coloro che sentono di spender bene il loro tempo
non si perdono mai in simili lamentele.


Chandrashekharabhâratî

 

* * *

 

- Posso pensare: “Io sono Dio”?
- Non identificarti con un’idea.
Se per “Dio” intendi l’Ignoto,
allora puoi semplicemente dire: “Non so che cosa sono”.
Se conosci Dio, conosci te stesso,
e allora non hai bisogno di dirlo.
La cosa migliore è semplicemente sentire: “Io sono”.
Permani in ciò con pazienza.
Qui la pazienza è saggezza.
Non prendere in considerazione
la possibilità di un fallimento in quest’impresa.
- I miei pensieri me lo impediscono.
- Non badarci. Non combatterli.
Non far nulla quanto a essi.
Lasciali stare, quali che siano.
La tua stessa lotta li vivifica.
Limitati a non badarci. Vedi attraverso di essi.
Ricordati di ricordarti:
“Tutto quel che avviene avviene perché io ci sono”.
Tutto ti ricorda che ci sei.
Tieni completamente conto del fatto
che per avere esperienze
devi esserci.
Non serve che tu smetta di pensare,
smetti solo di provare interesse.
è il disinteresse che libera!


Nisargadatta

 

* * *

 

In te, in me e altrove
unico è Vishmu.
Senza motivo t’adiri con me, impaziente.
Piuttosto in tutti vedi te stesso
e ovunque abbandona la nozione di differenza.


Shankarâchârya

 

* * *

 

Ciò che procura solo piacere è inutile.


Ananda Coomaraswamy

 

* * *

 

Anche se viene spezzato e tagliato,
il sandalo rende ogni cosa profumata
con la propria fragranza:
esattamente così si comporta chi è buono.


Nârada-purâna

 

* * *

 

Chi ha la fede ha tutto
e chi manca di fede manca di tutto.


Râmakrishna

 

* * *

 

La realtà non è una somma di nozioni e di percezioni,
ma un tutto unico.


Siddheshvarânanda

 

* * *

 

Solo la conoscenza impartita
da chi ha afferrato la realtà
è efficace,
e nessun’altra.


Shankarâchârya

 

* * *

 

Come la fragranza è nel fiore
e l’immagine nello specchio,
così Dio abita dentro di te:
cercalo nel tuo cuore, o fratello!


Guru Teg Bahâdur

 

* * *

 

Non dire mai:
“Non ne ho”.


Shankarâchârya

 

* * *

 

La goccia d’acqua è nel mare,
il mare è nella goccia d’acqua:
chi può capirlo?
Chi conosce il segreto di Dio?


Guru Nânak

 

* * *

 

L’ho cercato e L’ho trovato.
Brahmâ L’ha cercato invano nelle altitudini,
Vishmu ha sondato invano gli abissi.
Io, L’ho trovato nel mio cuore!


Appar

 

* * *

 

Ci son gioielli in quella camera
che è il loto del cuore:
là essi brillano come lampi.
è vicino, non lontano!
e riempie completamente il mio spirito.


Nâmdev

 

* * *

 

Più profondo è scavato il pozzo nella sabbia,
più acqua fluisce.
Più ampia è la dottrina degli uomini,
più la saggezza cresce.


Tirukkural

 

* * *

 

Per diventare grandi bisogna essere umili.
Il nido dell’allodola è al suolo,
fra le zolle di terra,
ma di là essa si lancia nell’alto del cielo.
I terreni elevati non sono adatti alle colture;
occorrono terreni bassi, dove l’acqua si fermi.


Râmakrishna

 

* * *

 

Se piove fuoco, fatti acqua.
Se scende a torrenti l’acqua, fatti vento.
Se vi è il diluvio, fatti cielo.
Se vi è la fine del mondo,
abbandona te stesso e fatti Dio.


Allama Prabhu

 

* * *

 

Terra, acqua, fuoco, vento, spazio,
mente, intelletto e senso dell’io:
questa è la mia natura divisa in otto parti.
Questa è la mia natura inferiore,
ma sappi che c’è un’altra mia natura,
superiore a questa,
che è la vita
e che sostiene questo universo.
Sappi per certo che è da questo grembo
che nascono tutti gli esseri.
Io sono l’origine e la fine dell’intero universo.
Null’altro esiste all’infuori di me;
su di me tutto questo è infilato,
come una serie di perle su un filo.
Il gusto io sono nelle acque,
la luce io sono nella luna e nel sole,
la sillaba Om in tutti i Veda,
il suono nello spazio, la virilità negli uomini,
il puro odore nella terra, lo splendore nel fuoco,
la vita in tutti gli esseri,
l’ardore ascetico negli asceti.
Sappi ch’io sono il seme eterno di tutti gli esseri;
io sono l’intelligenza degli intelligenti,
io lo splendore degli splendidi
e la forza io dei forti, senza desiderio né passione;
io sono negli esseri
il desiderio conforme all’ordine morale,
Sappi inoltre che tutte le forme di esistenza,
siano esse caratterizzate dal sattva,
o dal rajas o dal tamas,


da me in verità procedono,
ma io non sono in esse, esse bensì in me.
Tutto questo universo,
confuso da questi tre modi di essere
costituiti dai guma,


non comprende che io sono al di là di essi,
inalterabile.
Infatti questa mia divina mâyâ costituita dai guma


è difficile a superarsi.
Solo quelli che in me si rifugiano
superano questa mâyâ.


Bhagavad-gîtâ

 

* * *

 

Come il puro suono del liuto,
come il fresco chiarore lunare la sera,
come il soffice soffio del vento del Sud,
come il tepore verde della primavera,
come lo stagno ricolmo di ninfee
su cui volano mormorando in cerchio le api:
così è l’ombra ai piedi del Signore.


Appar

 

* * *

 

Tutti i santi e venerabili
del passato, del presente e del futuro,
tutti dicono, annunciano, proclamano e dichiarano:
“Non si deve uccidere,
né maltrattare,
né ingiuriare,
né tormentare,
né cacciare
alcuna specie di esseri,
alcuna specie di creature,
alcuna specie d’animali,
alcuna entità quale che sia”.
Ecco il puro, eterno, costante precetto della religione,
proclamato dai saggi che comprendono il mondo.

 

Âcârânga-sutta

 

* * *

 

Chi vuol far del bene agli altri
si guardi dall’usare espressioni
il cui significato sia occasione di dubbio.


Shankarâchârya

 

* * *

 

Una vita di piacere
o che tenda al solo piacere
è meno che umana.


Ananda Coomaraswamy

 
[…]

 

 

 


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