Tao: la via senza nome
Preliminari alle pratiche
Pratica della sala misteriosa
Shih: la stupefacente ricchezza dell’essere
Pratica dello spazzolino da denti
Pratica del suono della campana e della veste da monaco
Li: vacuità senza segni
Pratica di deflazione
Pratica del senza segno
Pratica del senza nome
Li shih wu ai: l’armoniosa compenetrazione fra essere e vacuità
Pratica delle montagne che camminano o di decentramento
Pratica della pietruzza e
dell’alberello
Samu, la pratica della casalinga
Shih shih wu ai: il risveglio nella totalità
Pratica dello stornello
Pratica del vero corpo
PASSI SCELTI
Pratica della pietruzza e dell’alberello
“Alla rana del pozzo non si può parlare del mare perché è circoscritta dal suo buco”. Forse noi umani abbiamo la possibilità di uscire dal buco, per renderci conto, come continua Chuang-tzu, che “quando si enuncia il numero delle creature si dice diecimila: l’uomo è una di esse”. Da questa consapevolezza nasce una domanda precisa: “Sto tra il Cielo e la Terra come una pietruzza o un alberello su una grande montagna. Essendo conscio della mia pochezza, di che menerei vanto?”.
Raccolto in meditazione, quieto e consapevole, mi pongo fra le diecimila creature, e cammino assieme a loro almeno su tre vie. La prima è la via del tempo evolutivo: immediatamente dietro di me i miei genitori, i quattro nonni, e subito indistinta la folla degli avi; un po’ più indietro i miei antenati si ricoprono di pelo, si incurvano, si sforzano di reggere la posizione eretta; ancora più a ritroso posso esplorare abissi profondi popolati di infiniti esseri, tutti miei progenitori, mentre davanti a me ho un ventaglio di futuri possibili, traslucidi, indefiniti. La seconda via è quella percorsa dall’umanità presente. Non riesco nemmeno a concepire i miliardi di esseri umani miei coetanei, ma se mi ritrovo in un luogo qualunque (un treno, un supermercato) posso valutare quanto io sia uno e nessuno. La terza via è quella calpestata adesso dalle altre diecimila creature, quelle che popolano ogni angolino della terra, che ora non riconosco più come parenti, e che pure, come un milione di anni fa, mi nutrono con il loro corpo. Ricordo ora le parole di Chuang-tzu: “Sto tra il Cielo e la Terra come una pietruzza o un alberello su una grande montagna”. Mi trovo in equilibrio fra il Cielo senza nomi né vantaggi, e la Terra immobile madre di tutte le diecimila creature. Sono la pietruzza, ridicolmente piccola, che però ha in sé l’intera storia della montagna; pietruzza che ritrovereste lì o lì vicino anche dopo mille anni. Sono l’alberello, contorto e robusto, cresciuto al limite delle possibilità di sopravvivenza, ben radicato nella montagna, e da lei nutrito. Uomo, pietruzza e alberello, siamo sempre tentati di «menar vanto» di esistere. Grande ricchezza, infatti. Fra le diecimila creature.
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