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PASSI SCELTI
Nessuno ti viene a raccontare nulla se non sei tu a chiedere. Solo quando ti senti pronto ti capita di incontrare la persona giusta che risponde ai tuoi quesiti. Voglio sapere. Sono curiosa, ma anche vuota di preconcetti. Cerco. Trovo. A Kathmandu c'è un centro di cultura lamaista aperto agli studenti occidentali che vogliono avvicinare questa antica filosofìa. Cerco un incontro adatto a me e trovo. Salto sulla bicicletta noleggiata che uso come regolare mezzo di trasporto, nonostante le salite della città. E nonostante i treni che non funzionano mai, la catena che balla, la lamiera che scricchiola. Come molti mezzi di trasporto da queste parti. Prendo la strada che parte dal centro città e sale verso nord in direzione delle montagne all'orizzonte e ne percorro due chilometri soli. In mezzo al solito traffico allegro. Arrivo in un quartiere residenziale di Kathmandu, a una villetta con cancello marrone da cui scorgo un giardino pieno di fiori. Nella sala centrale al piano terra, foderata di moquette nocciola e chiazzata da cuscini rossi in fila, assisto a una lezione sulla meditazione. Mi avvince: relatrice è una monaca corpulenta e chiassosa in tunica rosso scura, con la spalla destra scoperta: è australiana. Ride e scherza, esordisce dicendo: "Quando si chiudono gli occhi e si inizia a meditare non succede un bel niente. Nulla di miracoloso, nessuna visione, nessuna estasi. La meditazione è un duro lavoro di concentrazione". Mi piace. Mi fa sorridere. Non tenta di convincermi di nulla. Dice anzi: "Fate attenzione a quello che state per intraprendere, potrebbe condurvi alla follia se non avete delle forti motivazioni e un buon maestro". Dice: "Non sono una buona maestra, non so perché mi hanno messa qui a parlare, vi racconto solo la mia esperienza". Okay. Così va bene. "Iniziate dalle motivazioni base e guardatevi dentro cercando le vostre. Quelle che vi hanno portato qui, quelle che vi spingono ad ascoltarmi. La meditazione inizia con l'attenzione al respiro. Cominciate da lì. Se non avete mai praticato prima d'ora, cercate un maestro, studiate con lui, chiedete, provate. Ma se non avete altro motivo che la curiosità, andate a fare un trekking in montagna, fate delle belle foto, e tornatevene a casa". Oh donna, ma che tipo sei?
Ci narra di essere cresciuta in Australia in una famiglia numerosa. Da adulta si accorge che il coinvolgimento affettivo domestico si trasforma in una trappola: ogni cosa accaduta diventa fonte di turbamento per tutti, nel senso dell'amplificazione delle emozioni negative. La solidarietà è a suo avviso più proficua se accompagnata dal distacco. Si possono fare speculazioni sugli affetti e sull'amore, ma è di certo un interessante punto di vista.
Inquieta e curiosa del mondo va a vivere a New York. Conduce una vita dissoluta, droghe, feste, un giorno viene stuprata. Si accorge di avere toccato il fondo e cerca una via d'uscita. La trova. Studia buddhismo, scopre la meditazione. Diventa attiva, si fa monaca, non dimentica come ha vissuto prima, ma scopre che può smettere di soffrire e aiutare gli altri a fare altrettanto. Va avanti nella sua ricerca, studia e lavora con i centri tibetani del posto, si trasferisce a Londra, si impegna come redattrice per un editore che pubblica testi buddhisti. Quando è là si veste di pelle nera con le borchie: "...non devo mica stupire nessuno, mi vesto come si usa qui, così passo inosservata". Una monaca in pelle nera, versione sadomaso? "Certo, semplifica il rapporto con la realtà in cui vivo". Ha ragione. Che simpatica.
Inizio così, studiando un po' di buddhismo allo Himalayan Yogic Institute e crescono le mie scoperte, sempre più seducenti. Le religioni orientali e la filosofìa buddhista hanno una relazione con la realtà oggettiva molto semplice: non si fondano su dogmi o obblighi, anche se ci sono delle basi canoniche che ripercorrono i testi sacri tramandati dai tempi antichi. Mi pare di capire che sviluppino un pensiero scevro di condizionamenti, dove l'essere pensante e agente decide ogni volta quale soluzione adottare nelle differenti circostanze umane, secondo una scelta che tiene conto dei fattori in gioco in quel momento e se ne assume la responsabilità. Certo può fare riferimento a stereotipi o dèi o immagini imprestate dalla tradizione religiosa, ma resta artefice delle sue azioni e consapevole delle conseguenze immediate e future che ogni scelta avrà sul proprio sviluppo. Ne ricaverà meriti o ostacoli, ma nessun altro potrà interferire o intercedere con queste conseguenze. Mica male come primo approccio.
Il buddhismo sembra coerente al mio modo di essere: per ora pare una speculazione filosofica, ma la base degli insegnamenti consiste nell'impermanenza di tutto, delle cose e delle persone. Tutto cambia, tutto finisce, tutto muore. L’attaccamento esagerato a questo o a quello produce dolore e tutti se ne possono liberare: controllando la mente che produce bisogni, desideri, ci fa vivere appollaiati sul passato, progettando il futuro, inconsapevoli che la vita è qui e ora. Il metodo per lavorare sulla mente consiste nella concentrazione iniziale che può modellare la produzione emotiva, quel discorso ininterrotto che scorre inflessibile dentro a ciascuno di noi, come un ruscello ostinato tra le rocce, potrebbe prendere altre pieghe se solo lo deviassimo.
A distanza di anni da quel primo momento posso confermare che è vero, la meditazione ha una potenza intrinseca sbalorditiva.
Un giorno un eminente lama tibetano, famoso in America ma di cui non ricordo il nome, mi colpisce con una lezione che inizia con un avvertimento mai più dimenticato: "Se in sogno o appena morti vi appare una strada dritta davanti con una fila di demoni terrificanti da un lato e una fila di serafici Buddha dall'altro, non dovete avere paura dei primi, ma neppure aspettarvi nulla dai secondi, tirate dritto seguendo il vostro cammino, imperturbabili". No, non puoi dirmi questo, grande lama: ma come? E il conforto della solidarietà? Non scherziamo, è vero, tutto gira intorno alla mia responsabilità. La mia responsabilità, banale, non posso sempre delegare. Okay. Tutto dipende solo da me. Il bene e il male sono relativi, quello che va bene a me oggi, non va bene a tè domani. Lo faccio solo per il tuo bene, quante volte me lo hanno detto? Forse ho capito qualcosa di più, ma non troppo.
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