Diana St. Ruth
Meditazione seduta: provate!

 


 

INDICE

 

Perché meditare

Che cos’è la meditazione
I metodi
I pensieri
Esercitarsi?
Il guru
Lo scopo della meditazione

Come meditare
La consapevolezza
La meditazione seduta
La posizione del loto
Il mezzo loto
Gambe piegate
In ginocchio
Su una sedia
Altre possibilità
La colonna vertebrale
Gli occhi
Le mani
Durata della seduta
Quando sedersi
La concentrazione
Contare i respiri
Oggetti di concentrazione
Altri oggetti di concentrazione
Guardare, notare e non giudicare
Fine delle tecniche
Non attaccamento
Il dolore
La meditazione «camminata»
Semplicemente seduti

 


 

PASSI SCELTI

 

COME MEDITARE

La consapevolezza

I movimenti del corpo e i processi mentali, se osservati con intelligenza e apertura, rivelano il mistero della vita. Vedere con chiarezza ciò che avviene mentre avviene, senza inseguire ciò che in questo preciso momento non appare nel campo della coscienza, percepire i fatti in modo immediato e diretto è la cosa più facile del mondo, e nello stesso tempo la più difficile. Facile, perché dobbiamo soltanto lasciare che le cose seguano il proprio corso; difficile, perché non ci siamo abituati. Al contrario, interferiamo incessantemente attraverso i nostri pensieri.

Se riuscissimo ad agire senza essere inghiottiti dai pensieri! Se siamo svegli a ciò che accade attimo per attimo, scopriamo un aspetto della vita che è insieme profondo e liberante. In questo felice stato dell’essere c’è la potenzialità di una compassione e una saggezza illimitate. Né il corpo, né il naturale processo del pensiero, né il mondo in tutte le sue sfaccettature potranno deluderci se lasciamo che i pensieri scorrano come l’acqua di un fiume, senza aggrapparci neppure a uno di essi.

Quando siamo seduti stiamo totalmente seduti, sentiamo il corpo seduto. Quando camminiamo prendiamo coscienza dei movimenti, consapevoli dello stare in piedi, consapevoli dello stare distesi. Entriamo realmente nel corpo, sentiamo il corpo, sperimentiamo tutte le sensazioni fisiche: caldo, freddo, pruriti, dolori, contatti, pressioni…

Mangiando, portiamo tutta l’attenzione al gusto, al sapore, alla consistenza del cibo. Se nascono attrazione, indifferenza o repulsione, le percepiamo mentre si presentano. Se la posata urta il piatto, siamo coscienti del rumore. Portando il cibo alla bocca, ne percepiamo ogni sapore.

Lasciare che il corpo sperimenti se stesso è il modo per essere liberi dal corpo. Che paradosso! Essere totalmente nel corpo equivale a esserne totalmente liberi. Lo stesso vale per il mondo e per la mente. È la consapevolezza che ci dona questa comprensione, tanto nella meditazione seduta quanto nelle attività quotidiane.

Possiamo chiamare la consapevolezza con altri nomi, per esempio «ricordo», perché dobbiamo ricordarci di fare attenzione. Mentre ci laviamo, ci vestiamo, guardiamo, parliamo, sentiamo, percepiamo, ascoltiamo, mangiamo, gustiamo e tocchiamo… se dimentichiamo con tanta facilità di stare con i momenti più belli e piacevoli della vita, vi lascio immaginare come ci comportiamo con quelli spiacevoli. Tendiamo continuamente a scivolare in un mondo separato, il mondo dei pensieri, senza neppure accorgerci di ciò che stiamo facendo. E così non viviamo la profondità della vita.

La pratica della consapevolezza consiste nello stare in tutte le esperienze, in tutte le sensazioni nel momento in cui avvengono. Così cominciamo a poco a poco a capire come funziona la mente. Forse sarà una piccola sorpresa scoprire che l’intenzione precede sempre l’azione. Non possiamo fare il primo passo se non c’è l’intenzione di muoverci. Prima di parlare, di fare un gesto, di andare in collera, c’è l’intenzione. La mente decide e il corpo esegue. Ovvero, il corpo reagisce alle fantasie della mente.

Fate la prova. Rallentate i movimenti e cercate di cogliere l’intenzione che li precede, nominandola mentalmente e denominando anche i movimenti.

Intenzione di alzarsi, alzarsi. Intenzione di muoversi, muoversi. Intenzione di sollevare una mano, sollevarla… e così via.

La consapevolezza dell’intenzione ci dà la possibilità di cambiare l’intenzione. Non siamo più costretti ad andare in collera se ne cogliamo l’intenzione prima che sia scoppiata la bufera. Possiamo lasciarla andare, abbandonarla. Naturalmente può darsi che non vogliamo affatto rinunciare a uno scatto di collera, ma sarà una nostra scelta. Avremo la possibilità di decidere, sapendo che non siamo le vittime predestinate delle nostre tendenze e condizionamenti. Se vogliamo, possiamo cambiare.

L’applicazione della consapevolezza nella vita quotidiana consiste nel denominare mentalmente tutte le azioni (ricordatevi di farlo mentalmente, e non ad alta voce).

Si può fare lo stesso con gli stati emotivi: ansia, confusione, felicità, tristezza, paura, disperazione… Come vi sentite in questo preciso momento? Felici? Tristi? Né felici né tristi? Siatene consapevoli, informate voi stessi del vostro stato d’animo. Mantenete la coscienza della posizione del corpo e degli stati emotivi il più a lungo possibile durante tutta la giornata.

Invidia, odio, eccitazione, contentezza, rabbia, angoscia… Quando sorge uno di questi stati, cercate di identificarlo con precisione senza fare assolutamente nulla al riguardo. Le sensazioni, gli stati emotivi vogliono vivere. Lasciateli vivere. Ma vogliono anche morire. Lasciateli morire. Dategli spazio e rispetto, ma non carburante, e ciò si ottiene essendo semplicemente consapevoli. Non è complicato, cercate soltanto di essere aperti al nuovo momento, a ciò che inizia a presentarsi.

Tutti tendiamo ad aggrapparci a forti pensieri e forti emozioni. Anche se sono dolorosi, esercitano una grande attrazione. Ma anche la consapevolezza ha molto da offrire, e lasciar andare i pensieri e le emozioni per la loro strada, senza intervenire, non è una gran perdita.

 

 


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